Il Resto del Carlino, 29 Settembre 2021
“Con l’economia lungi dai livelli pre-Covid, l’impresa familiare resta sinonimo di centralità, patrimonio, identità, coesione, fiducia. Ecco: in questa fase di transizione, non sarà il caso di programmare l’opportunità di un corretto passaggio generazionale? Il mio Studio è al servizio per questo”.
Alessandro Busani, dell’omonimo Studio di Global Consulting con sede in Reggio Emilia, sintetizza così l’auspicio migliorativo di un paradigma che, come da Dna del tessuto produttivo italiano, non è eccessivo definire atavico. Busani, ha dismesso i panni di estimatore di assetti finanziari complessi? “Sie werden Ihre Herrin nur dann objektiv beurteilen können, wenn Sie es schaffen, sich in die Lage Ihres Nachfolgers zu versetzen”. Dolente, non ho capito nulla. “Ovvio. Diciamo che, a proposito di panni, la miopia del suo quesito mi ha ispirato questa risposta”. Cioè? “Glielo dirò alla fine”. Ok, ma cosa c’è di sbagliato nella mia considerazione? “Non coglie le note di fondo e, mi permetta, a malapena quelle di testa”. E figuriamoci. “Sì, perché le imprese familiari – quelle che ha definito ‘paradigma atavico’ della produttività del nostro Paese – sono tuttora organismi primari della nostra economia”. Per dirla in numeri? “Per l’Istat, rappresentano il 75,2% del protagonismo produttivo nazionale con almeno 3 addetti, e il 63,7% di quello con 10 addetti ed oltre. Altre cifre, poi, sono datate ma indicative”. Cioè? “Quelle dell’indagine annuale Unioncamere/Mediobanca (2017) secondo cui le medie imprese familiari sono cresciute di 5 punti nel manifatturiero degli ultimi 20 anni: valore aggiunto al 18%, con fatturato ed export lievitati rispettivamente dal 14,5 al 18,5% e dal 15,6 al 19%”. Interessante. “Certo, anche se altri dati colpiscono”. Quali? “Il passaggio generazionale in atto per il 45% delle medie imprese e, al contempo, la disponibilità molto esigua al contributo di manager esterni all’assetto familiare (il 70% dei casi), a fronte di board (il 40%) con età media superiore ai 60 anni, composti in media da soli 3 membri”.
Lo studio Busani ha quindi scelto di affrontare il nodo. “Sì. Ne va di storie di passione o, se vuole, d’amore”. Non mi divenga romantico. “Se romantico è capire la trasformazione di un legame viscerale con una creatura che cresce con te, scambia con te, si nutre di te, ti nutre di lei, allora sì: scriva pure romantico”.
Alessandro Busani avverte il protagonismo necessario per affrontare una crisi infiammata dalla lunga fase pandemica, e lo fa partendo dal ruolo della famiglia, dal suo valore e, in ambito produttivo, dalla mission aziendale. “La successione nella continuità d’impresa è ardua, ma abbiamo l’obbligo di mantenere coeso l’organigramma delle nostre aziende”, avverte. Tanto è difficile questo passo? “Lo strappo tocca questioni delicate: la rinuncia al controllo, la volontà di non abdicare, il desiderio di offrire ai figli strumenti di governance capaci”. Cosa propone lo studio Busani? “Oggettività, metodo, esperienza, tutto finalizzato a consentire un fluido ed ordinato passaggio generazionale. Lo sguardo esterno di un professionista preparato consente all’imprenditore di avere un punto di vista nitido, obiettivo, scevro da aspetti affettivi legati all’azienda o ai propri familiari. Dedichiamo consulenze personalizzate, a partire da quella preliminare che può avvenire telefonicamente, o attraverso canali informatici (dall’e-mail a Google meet), o anche presso i nostri uffici”.
Beh, strada tracciata; ma quelle parole in tedesco? “Sono di Arthur Schnitzler”. E cosa c’entra lo scrittore austriaco? “Lei mi ha detto che avrei dismesso i panni di estimatore di assetti finanziari complessi solo perché ho attenzionato l’impresa familiare…”. Sì. “Ebbene, passione ed amore la compongono. Quindi le ho risposto: sarai in grado di giudicare obiettivamente la tua amante solo quando riuscirai a metterti nei panni di colui che sarà il tuo successore”.
Touché.