Il Resto del Carlino, Reggio Emilia 30 Giugno 2022
Il sistema di gestione dell’innovazione è sulla strada dritta del Data-driven
Alessandro Busani “È un errore credere che per evolversi possa bastare l’approccio teorico”
I quattro principi: leadership, pianificazione, risorse e strumenti, operations
“Data-driven or Theory-driven?”. Alessandro Busani, dell’omonimo studio di Global Consulting a Reggio Emilia, pone il dilemma: il filo di retorica nel tono della voce attende replica. Che dire? Mah… non saprei. Lei che dice? “Premettendo che non mi stupisce il suo disorientamento, non esiterei un solo istante: Data-driven”. Grato per la sua considerazione: ma in sintesi? “Guardi, sono più che sintetico. In un’epoca in cui tanto si chiacchiera e poco si concretizza, sto suggerendo a chi fa impresa una strada dritta”. E quale sarebbe quella storta? “Non storta, ma impervia: ovvero quella di far credere che per evolversi basti l’approccio teorico”. Invece no? “Pur valido, questo approccio si basa su condizioni rigide, ingabbiate appunto dal processo teorico: pura illusione pensare che, col tempo, tali condizioni restino immutate”. Dunque, riassumendo: se farsi guidare dalla teoria (Theory-driven) può condurre all’errore, farsi condurre dai dati (Data-driven) può costituire una valida alternativa. Esatto? “Più o meno sì”. Perché ‘più o meno’? “Perché questo ragionamento è aleatorio se non lo applichiamo ad un processo fattuale”. Beh, facciamolo, magari è utile a tante Pmi.
“Più che utile. Ormai il termine ‘innovazione’ è utilizzato a gogo, e lo si evoca per esprimere una cifra valoriale. Serve, però, che tale cifra rappresenti la concretezza di azioni, la loro organicità e un quadro strutturato che le governi. Inoltre, c’è un ulteriore aspetto…”. Quale? “Tutto questo ha senso se validato”. Ci sta per caso introducendo al fantastico mondo ISO (International Organization for Standardization). “Fantastico o meno, da parte mia corre l’obbligo svelare le opportunità”.
Capisco. Allora, cosa propone ISO a riguardo? “Sta contribuendo a redigere una serie di norme, le ISO 56000. In tale contesto, la ISO 56002 rappresenta un vademecum per chi intenda strutturare la gestione dell’innovazione”. Riusciamo a sintetizzarla? “E’ un articolato di principi che, applicati in toto dall’impresa, permettono l’implementazione di un sistema di gestione dell’innovazione. I quattro fattori ritenuti necessari sono: leadership, pianificazione, risorse e strumenti, operations”. E l’azienda deve applicare questi principi? “Non per forza, ma è impegnata ad indicare i propri obiettivi per l’innovazione, in armonia con la direzione strategica d’impresa”. Mi sembra di capire che, così, si delimitino le aree di gestione dell’innovazione… “Sì. Con la leadership, si punta ad assicurare coinvolgimento e partecipazione del Top Management aziendale; con pianificazione, risorse e strumenti a disposizione si stabiliscono i criteri di impostazione di attività e relative risorse. L’insieme di questi principi, se attuati, costituisce l’Innovation Operations”. Cioè? “Cioè il bagaglio di progetti operativi volti all’innovazione e, meglio, alla creazione di valore. Attenzione, però: l’intero processo deve essere soggetto al monitoraggio dei risultati, premessa di eventuali correzioni”.
Ecco il dilemma introduttivo allora: Data-driven or Theory-driven? “Guardi, più di qualcuno parla d’inizio di un’epoca. Più semplicemente, credo che ISO 56000 costituisca la base per comprendersi, sia a livello nazionale che internazionale. Essere competitivi sul mercato, sia nel breve sia nel medio periodo, si misura con l’acquisizione e l’estrapolazione dei dati che sappiamo mettere in gioco. Grazie ad essi, possiamo incidere sulle performance aziendali, dall’ambito commerciale (top line) a quello operations (bottom line)”. Verso quali traguardi? “Intanto, strutturando fondamenta per un solido Corporate Branding”. Ovvero? “La divulgazione di una propria immagine profilata sulla fiducia. Ciò accresce gli anelli della catena di valore, agli occhi di interlocutori e partners. Tale crescita rafforza le opportunità di Employer Branding, determinando quel circolo virtuoso in grado di attrarre collaborazioni talentuose che, intercettate, possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi aziendali”.