Il Resto del Carlino, 30 Settembre 2020
“Ci insegnano gli alpinisti che il tempismo è una variabile di fondamentale importanza per la buona riuscita di una scalata”. Esordio alquanto spiazzante, almeno per una chiacchierata sulla salute delle aziende in epoca epidemica; mica dovevamo trattare la conquista di una vetta… “Questo lo dice lei”, sorride Alessandro Busani, titolare dell’omonimo studio di Global Consulting con sede in Reggio Emilia. “Pensi alla tragedia del Monte Everest del ’96. Quella vicenda ci ricorda come il monitoraggio in itinere dei cambi climatici e la capacità di ritarare la rotta siano un asset prioritario che può fare la differenza tra la vita e la morte”.
Ricevuto. Poche battute e capisci che l’approccio supera la contingenza, la travalica, si fa scenario. “Certo – riprende Busani – ed oggi lo scenario è quello pandemico, ovvero quanto ci siamo trovati a dover bruscamente affrontare, proprio come in un turnaround time montano. Questo nostro Everest ci offre spunti per un’ulteriore analisi, atta a trarne moniti da considerare nelle strategie aziendali future”.
Moniti algoritmico-algebrici o d’impostazione concettuale? “Le statistiche ci dicono che siamo naturalmente portati a pensare in positivo su temi personali e in negativo quando si tratta di argomenti di più ampia portata. Tale fenomeno ha un nome, individuato dallo studioso dell’Università di Oxford, Max Roser, che parla di “ottimismo locale e pessimismo globale”.
Time-out Busani, l’idea di questo incontro consisteva nell’affrontare nodi economici. Ora, invece, il suo ragionamento s’insinua persino nelle pieghe identitarie dei gruppi e della comunicazione. “Guardi, tutta la massmediologia attuale incentra i suoi messaggi sul concetto personale del ‘se vuoi, puoi’. Video, programmi televisivi, seminari, corsi motivazionali, tutti incentrati a offrirci e instillare nelle nostre menti una visione assolutamente possibilistica e rosea del nostro futuro”. Corretto. E allora? “Acciecato da questo imprudente ottimismo, un numero sempre crescente di persone si è gettato nella creazione di imprese start-up, ad esempio, con progetti ambiziosi e altamente sfidanti”. Beh, in piena sintonia col suddetto “ottimismo”, dunque un’azione volta ad uscire dalla crisi. “Sì, peccato che i numeri non confermano i successi: ecco perché ho parlato di ottimismo, ma “imprudente”. Sappiamo che dal 2007 il numero di imprese che chiude ogni giorno è in costante crescita, senza considerare le destabilizzanti cifre dell’ultimo semestre pandemico. Si stima che solo il 50% delle imprese sopravviva nei primi cinque anni. E non solo le possibilità di sopravvivenza sono ridotte, ma ci sono prove che, in media, gli imprenditori di oggi guadagnino meno di quanto avrebbero guadagnato come dipendenti”.
Se così stanno le cose perché si continua a perpetrare questa spinta. “Perché esiste una macchina mediatica che guadagna spingendoci verso la creazione di una leva motivazionale ottimistica e possibilista, senza però insegnarci come affrontare gli eventuali ostacoli che si incontrano lungo il percorso. Senza informarci che, detta alla Alan Watts maniera, se cerchi di stare a galla, vai a fondo; se invece cerchi di immergerti, galleggi”.
Per quanto arduo da digerire, difficile contraddire: e, allora, qual è la risposta? “Prima di tutto capire che un’azienda ha successo perché è progettata per avere successo, perché porta in seno una serie di assets che sono stati studiati, ideati, sviluppati e usati in modo efficiente”. Ovvero? “Un insieme di proprietà intellettuali, capitale, cultura aziendale, talenti, leadership ed innovazione che si immergono quotidianamente sul mercato di riferimento per consentirne la loro sopravvivenza”. In secondo luogo? “Resilienza, accettazione e superamento pro-positivo dell’ostacolo, un mix necessario per curare l’ottimismo cieco instillato dai mass media”. Insomma, tempismo a cospetto dell’Everest? “Non a caso ho introdotto il tema dalla scalata. Il Covid-19 ci ha ricordato che i turnaround times esistono e dobbiamo farvi fronte immaginando il worst case scenario, non per pessimismo cosmico, bensì per consentire alla nostra azienda di resistere alle intemperie così come ai cataclismi”. Più pessimismo della ragione che ottimismo della pratica, dunque? “Direi più sano pessimismo difensivo, un’arma potente per mantenere un’azienda in salute e longeva. E qui entro a gamba tesa su un tema aziendale che mi preme molto: la produttività dell’impresa”. Cioè? “Sappiamo che le PMI italiane soffrono di scarsa produttività per addetto. Ma difficilmente viene messa in discussione l’attualità del progetto aziendale o vengono presi in esame opportunità, minacce e cambiamenti di settore. Soprattutto, non ci si domanda se abbiamo gli assets giusti per competere”.
Quali sono le ragioni di approcci tanto insufficienti? “Perché, troppo spesso, si è oggettivamente concentrati su quello che si ritiene ‘il’ problema prioritario: il conto economico”. Per meglio dire? “Per essere chiari, è bene stigmatizzare che incremento di fatturato e riduzione dei costi sono le indiscusse variabili di breve termine”. Beh, del tutto naturale… “Non del tutto. In tal modo si omette di pianificare e ragionare in termini di creazione duratura di valore per l’azienda stessa. Si rischia di non prendere in considerazione le future variabili metereologiche avverse, mettendo a serio repentaglio la salute della nostra azienda”.
Probabilmente alla vetta qui si sostituisce il tunnel. Vede la luce in fondo? “I prossimi mesi saranno determinanti per il futuro delle nostre attività. Probabilmente molti di noi si troveranno a dover prendere decisioni cruciali e/o altamente sfidanti. Facciamo tesoro dell’esperienza che tutt’ora stiamo vivendo ed iniziamo a pianificare e implementare i nostri piani aziendali”. Sì, ma come? “Con nuove strategie: nuove strategie per ridisegnare e mettere in sicurezza la nostra impresa”.
Davanti al nostro Everest, quindi, pre-visione ed un pizzico di estro. “Guardi, mi piace pensarla come Renè Daumal che ha scritto: ‘In alta montagna non c’è posto per il fantastico, perché la realtà vi è di per se stessa meravigliosa, più di qualsiasi cosa l’uomo possa immaginare’. Traduzione: nel bene o nel male, esperienza, prospettiva e pianificazione sono ossigeno per realizzare, oltre ogni più stupefacente immaginazione”.