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Domenica 1 Febbraio 2015
Il laureato ha minori probabilità di rimanere disoccupato
Intervista al Dott. Alessandro Busani

Disoccupazione giovanile: ridurre la popolazione degli studenti universitari e reindirizzarli dove c’è non solo lavoro, ma anche migliori prospettive economiche?
Sul tema interviene Alessandro Busani, commercialista titolare dello Studio Busani, il, quale premette: «Sono mesi che gran parte dell’informazione italiana indulge su un tema della presunta pretestuosità delle lagnanze dei giovani per l’assenza di posti di lavoro. Articoli che ci spiegano come in realtà il lavoro ci sia, ma che nessuno si propone per occuparlo. I disoccupati non si adatterebbero infatti a svolgere lavori manuali (panettieri, pizzaioli, baristi, idraulici, addetti alle pulizie, carpentieri, tornitori, autisti di pullman, parrucchieri ed estetisti), per i quali sembrerebbe esistere una domanda che non riesce ad essere soddisfatta. Dal quadro risulta che i giovani si accaniscono a inseguire titoli di studio che fanno solo da anticamera alla disoccupazione».
Se è vero che di recente il Corriere Economia aveva lanciato l’allarme di Confcommercio che indicava la mancanza di 6mila pizzaioli, esortando i giovani a meditare sul dato, tutto convergerebbe nel farci pensare che sia meglio ridurre la popolazione degli studenti universitari e reindirizzarne le aspirazioni dove non solo c’è lavoro, ma anche migliori prospettive economiche.
Aggiunge poi Busani: «Tuttavia, sia l’OCSE che il Consorzio Alma Laurea mostrano che chi è laureato ha minori probabilità di rimanere disoccupato e migliori aspettative di reddito rispetto a chi è solo diplomato o nemmeno quello. Inoltre, Eurostat ci mostra che oramai l’Italia è l’ultimo paese dell’UE come percentuale di laureati nella fascia 30-34 anni, con una forbice destinata ad allargarsi al punto che il sorpasso della Turchia appare inevitabile».
Ancora Busani: «Sul tema ha sentenziato anche Antonello Colonna, famoso chef stellato e imprenditore romano, che lavora da trent’anni nella ristorazione e considera l’universo del cibo, con tutte le sue sfumature, uno specchio in cui l’Italia dovrebbe riflettersi e riflettere per capire perché i dati sulla disoccupazione e sull’occupazione sono spesso falsati e perché nel nostro Paese esiste una classe di <pigiamati> e di <professionisti dell’aperitivo>. Sostiene che l’Italia sia preda della sindrome Master Chef: <Oggi tutti vogliono fare i grandi cuochi stellati ma quando un cuoco cerca un cameriere qualificato non lo trova nemmeno a peso d’oro, perché l’idea oggi è che per arrivare al vertice di una piramide non sia necessario scalare la piramide gradino dopo gradino, ma sia ormai doveroso provare ad arrivare in cima alla piramide facendosi lanciare con un paracadute>.
Conclude quindi Busani: <L’auspicio è quello di individuare il prima possibile un punto di equilibrio, facendo appello a quel <cum grano salis> che chi governa un Paese dovrebbe possedere. Da un lato, impegnandosi in politiche <attive> capaci di promuovere l’occupazione e l’inserimento lavorativo più che finalizzate a <sostenere> la disoccupazione. Dall’altro, mirandola formazione e l’orientamento di questi giovani, attraverso work experiences capaci di indicargli rotte possibili e consapevoli. Last but not least, ricordando ai giovani gli insegnamenti dei nostri padri: la tecnologia avanza, ma l’unto di gomito, quello cui si faceva appello quando ancora le cose si creavano manualmente,non vi deve mai mancare».