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Lunedì 14 Settembre 2015

All’ombra del sofferente Dragone, il dictat governativo di casa nostra si concentra sul restyling strutturale della riforma patrimoniale sulla prima casa e sul tema dell’elevazione a 67 anni dell’età pensionabile. Laddove, la prima è stata causa del crollo dei consumi interni e degli investimenti nel settore edile, mentre la seconda dell’occupazione giovanile. Temi, questi, più caldi delle temperature registrate durante l’estate, che s’infuocano dinnanzi a proclami pubblici che, a gran voce, inneggiano in questi giorni agli imminenti funerali di Tasi sulla prima casa e Imu agricola. Ricerca di facili – quanto fatui -consensi popolari in un’ottica di convenienza elettorale o crescente visione sempre più consapevole alla spasmodica ricerca di nuovi drivers di riferimento? E’ indubbio che per far ciò, superate le obiezioni dei Sindaci con il meccanismo della “compensazione”, ci sarà da valicare il dissenso di principio della Commissione e della Banca d’Italia, secondo cui andrebbero innanzitutto ridotte le tasse sul lavoro e sulle imprese, visto che solo in questa maniera si renderebbe più conveniente e competitiva la produzione interna rispetto alla concorrenza internazionale. Ma queste “buone intenzioni” si scontrano, da un lato, con un modello di ripresa fondato sull’export che si sta dimostrando sempre meno affidabile e, dall’altro, con una realtà di mercato ancora estremamente volatile che non invoglia di certo le famiglie ad affidare agli istituti finanziari i loro risparmi. La Bce ha parlato di pericolo di un nuovo rallentamento: bisogna quindi correre ai ripari e dare fiato al mercato interno, alla domanda delle famiglie e agli investimenti nel settore delle costruzioni, dalle opere pubbliche all’edilizia residenziale. Sembrerebbe quindi auspicabile un ritorno alle origini, quando economia e finanza andavano a braccetto, privilegiando il versante interno. Le stime sul Pil, riviste in peggio, sono molto meno confortanti di quanto ci sia stato dato a vedere: a +1,4%, da +1,5% per quest’anno e a +1,7%, da +1,9% per l’anno prossimo. Quelle sull’inflazione vengono tagliate allo 0,1% dallo 0,3% per quest’anno, all’1,1% dall’1,5% per il 2016. L’export si è poi mostrato meno dinamico delle attese, nonostante il calo dell’euro (+0,6% nel primo trimestre e +1,2% nel secondo), mentre le importazioni stanno aumentando più velocemente (+1,7% nel primo trimestre e +2,2% nel secondo). Gli investimenti fissi lordi, che pure erano aumentati dell’1,2% nel primo trimestre, sono caduti invece dello 0,3% nel secondo. Il settore edilizio ha la palma res della peggiore performance, passando su base congiunturale da un +0,3% ad un -0,8. La contrazione complessiva è stata assai consistente: dai 169 miliardi di euro di investimenti registrati nel 2010 si è arrivati ai 131 miliardi del 2014 (-38 miliardi di euro, pari ad oltre 2 punti di Pil). Nel primo semestre di quest’anno, il totale degli investimenti in costruzioni è stato di soli 64,6 miliardi, con un trend che conferma la riduzione, trimestre dopo trimestre. La spesa delle famiglie, a sua volta, è caduta dai 980 miliardi del 2010 ai 918 del 2014 (-62 miliardi, pari a 4 punti di Pil): se c’è bisogno di ridare fiato agli investimenti nel settore delle costruzioni, ancor più urgente è restituire potere d’acquisto alle famiglie. Eliminare la Tasi sulle prime case e l’Imu agricola potrà dare senza dubbio nuovo impulso ai consumi delle famiglie. Ma per quanto riguarda il settore edile ci vuole un progetto, molto più ambizioso delle grandi opere stesse, che verta su temi quali l’ammodernamento delle città, dei servizi, dei trasporti locali e delle reti. Sappiamo essere insito nelle grandi avversità anche un grande potenziale. Il potenziale di chi ha spazio per migliorare. Ed il nostro Paese di spazio per migliorare ne ha davvero molto, appesantito com’è da uno Stato ingombrante e da una burocrazia soffocante. Ma dobbiamo avere la forza di cambiare, e di puntare sull’energia, sulla vitalità e sulla voglia di fare che da sempre contraddistinguono la nostra Penisola, al di là dei luoghi comuni. In fondo il nostro, da secoli, è il Paese degli artigiani, delle botteghe, dei piccoli e medi imprenditori, che producevano, allora come oggi, prodotti di eccellenza. Lo spirito imprenditoriale è endemico nel nostro Paese; è un tesoro prezioso, da custodire gelosamente e attraverso cui far ripartire i motori.