Repubblica, 25 Settembre 2020

Ci insegnano gli alpinisti che il tempismo è una variabile di fondamentale importanza per la buona riuscita di una scalata. La tragedia del Monte Everest del ’96 ci ricorda come il monitoraggio in itinere dei cambi climatici e la capacità di ritarare la rotta siano un asset prioritario che può fare la differenza tra la vita e la morte.

Lo scenario pandemico che ci siamo trovati a dover bruscamente affrontare, proprio come in un turnaround time montano, ci offre spunti per un’ulteriore analisi atta a trarne moniti da considerare nelle strategie aziendali future. Le statistiche ci dicono che siamo naturalmente portati a pensare in positivo su temi personali e in negativo quando si tratta di argomenti di più ampia portata. Tale fenomeno ha un nome, individuato dallo studioso dell’Università di Oxford, Max Roser, che parla di “ottimismo locale e pessimismo globale”. D’altronde tutta la massmediologia attuale incentra i suoi messaggi sul concetto personale del “se vuoi, puoi”. Video, programmi televisivi, seminari, corsi motivazionali, tutti incentrati a offrirci e instillare nelle nostre menti una visione assolutamente possibilistica e rosea del nostro futuro. Per cui, acciecato da questo imprudente ottimismo, un numero sempre crescente di persone si è gettato nella creazione di imprese start-up, ad esempio, con progetti ambiziosi e altamente sfidanti. Eppure sappiamo che dal 2007 il numero di imprese che chiude ogni giorno è in costante crescita, senza considerare le destabilizzanti cifre dell’ultimo pandemico semestre. Si stima che solo il 50% delle imprese sopravviva nei primi cinque anni. E non solo le possibilità di sopravvivenza sono ridotte, ma ci sono prove che, in media, gli imprenditori di oggi guadagnino meno di quanto avrebbero guadagnato come dipendenti. Esiste una macchina mediatica che guadagna spingendoci verso la creazione di una leva motivazionale ottimistica e possibilista, senza però insegnarci come affrontare gli eventuali ostacoli che si incontrano lungo il percorso. Senza informarci che, detta alla Alan Watts maniera, “se cerchi di stare a galla, vai a fondo; se invece cerchi di immergerti, galleggi”. Un’azienda ha successo perché è progettata per avere successo, perché porta in seno una serie di assets che sono stati studiati, ideati, sviluppati e usati in modo efficiente: un insieme di proprietà intellettuali, capitale, cultura aziendale, talenti, leadership e innovazione che si immergono quotidianamente sul mercato di riferimento per consentirne la loro sopravvivenza. Resilienza, accettazione e superamento pro-positivo dell’ostacolo, dunque, come balsamo per curare il cieco ottimismo instillato dai mass media. Il Covid-19 ci ha ricordato che i turnaround times esistono e dobbiamo farvi fronte immaginando il “worst case scenario”, non per pessimismo cosmico, bensì per consentire alla nostra azienda di resistere alle intemperie così come ai cataclismi. Un sano pessimismo difensivo è una potente arma per mantenere un’azienda in salute e longeva. E qui entro a gamba tesa su un tema aziendale che mi preme molto: la produttività dell’impresa. Sappiamo che le PMI italiane soffrono di scarsa produttività per addetto. Ma difficilmente viene messa in discussione l’attualità del progetto aziendale o vengono presi in esame opportunità, minacce e cambiamenti di settore. Soprattutto, non ci si domanda se abbiamo gli assets giusti per competere. Perché, troppo spesso, si è oggettivamente concentrati su quello che si ritiene “il” problema prioritario: il conto economico. L’incremento di fatturato e la riduzione dei costi sono le indiscusse variabili di breve termine. Ma in tal modo si omette di pianificare e ragionare in termini di creazione duratura di valore per l’azienda stessa. Si rischia di non prendere in considerazione le future variabili metereologiche avverse, mettendo a serio repentaglio la salute della nostra azienda. I prossimi mesi saranno determinanti per il futuro delle nostre attività, probabilmente molti di noi si troveranno a dover prendere decisioni cruciali e/o altamente sfidanti. Facciamo tesoro dell’esperienza che tutt’ora stiamo vivendo ed iniziamo a pianificare e implementare i nostri piani aziendali con nuove strategie per ridisegnare e mettere in sicurezza la nostra impresa.